Rendere Ubuntu un Media Server per la PS3.

9 07 2008

Qualche giorno fa, saltellando tu HowToForge ( grande sito di tutorial, per chi ancora non lo sapesse…), ti trovo un articolo dal titolo promettente: “Set Up A Linux Playstation 3 Media Server (Ubuntu Hardy Heron)”.

Il tutorial in questione si propone, avendo a disposizione un computer che faccia da serverino con a bordo Ubuntu, di settare un Media Server in grado di distribuire contenuti in streaming verso la nostra console. Il software in questione si chiama Fuppes e si scarica da qui.

L’installazione è veramente semplice, al massimo potremmo doverci procurare qualche libreria mancante. Una volta installato ci si accede via browser, per dare le impostazioni necessarie. Non mi dilungo sulla procedura d’installazione perché è ampiamente documentata ( e semplice) su HowToForge al link sopraindicato, ma spendo due parole sul pacchetto in sé, anche perché onestamente non ne avevo mai sentito parlare.

Cosa fa di preciso: Fuppes guarda delle directory che noi gli abbiamo indicato. Quando via PS3 selezioniamo un file da riprodurre, lui ce lo converte al volo in modo che risulti visualizzabile dal nostro device. Così, non dovremmo più preoccuparci di convertire i filmati in un formato digeribile dalla play. Ah, parlo di ps3, ma è compatibile con i device DLNA (su HowToForge è illustrato come usufruirne anche con un Nokia N95).

Cosa va settato sulla PS3: Niente. Si accende, si va sui media server e li si trova Fuppes. La Playstation divide i media server per le foto, l’audio e i filmati. Quindi sarebbe opportuno, sul server, creare tre distinte cartelle per queste tipologie di contenuti (se per esempio avessimo una sola cartella con musica e filmati, selezionando il media server preposto per le immagini con la ps3, non vedremmo dentro alcun file. Se invece facciamo tre cartelle separate sarà più comodo distribuire i file e meno confusionario).

Come funziona: Alla grande. Mi chiedo perché non ne abbia mai sentito parlare..Forse ero l’unico? Boh, scrivo questo post proprio per diffondere la novella!





Ubuntu e il problema audio del MacBook Pro.

15 06 2008

Tempo di rispondere ad un commento in cui Marco si lamentava di un malfunzionamento della sua scheda audio ed anche la mia si ammutolisce…

La cosa positiva è che non siamo i soli. E dico questo non per onorare l’adagio ” Mal comune, mezzo gaudio”, ma perché ciò significa che online si trova la soluzione. Il problema risiede nel chipset della nostra scheda audio e nel relativo modulo che il kernel carica. La scheda audio hda intel è montata su molteplici modelli di computer e le varie versioni hanno tra loro qualche differenza. Di conseguenza dovremmo passare ad alsa il giusto nome del modello della nostra scheda, editando il file alsa-base in /etc/modprobe.d, in modo che il nostro sistema sappia come pilotare a dovere il nostro hardware.
Qui si trovano tutti i possibili modelli della nostra card (e i comandi da dare per capire quale parametro ci serve). Nel mio caso, avendo un MacBook Pro di seconda generazione ho aggiunto la linea necessaria dando questo comando:

sudo echo ‘options snd_hda_intel model=intel-mac-v3’ \

>> /etc/modprobe.d/alsa-base

Il comando echo unito ad >> scrive la stringa desiderata alla fine del file indicato. La backslash (\) serve invece a dividere il comando su due righe. E dopo un reboot, tutto funziona.





Ubuntu su MacBook Pro: Grub dove lo metto?

4 06 2008

Ho recentemente installato Ubuntu Hardy Heron sul mio macbook pro, affiancandolo a Leopard in dual boot. Le macchine Apple sono belle ma, si sa, sono anche sempre state piuttosto seccanti in termini di compatibilità. Io personalmente ho benedetto il passaggio ai processori Intel, perché abbatteva di fatto la più grande barriera ancora alzata contro chi volesse un hardware Apple and un Os diverso.

Ero tuttavia piuttosto scettico. Temevo che la mia scheda Airport, prima di tutto, non sarebbe stata riconosciuta e poi c’era il problema dell’assenza di un vero bios, il dilemma grub ecc. Va bé, ho provato seguendo questa guida. Risultato stupefacente. Funziona tutto, ma proprio tutto, compiz incluso (una volta abilitata l’accelerazione grafica).

Unici due appunti.

1.L’howto è poco chiaro su dove vada installato grub. Allora, grub NON va sul MBR. Per avere Ubuntu, come la guida spiega, avrete bisogno di installare da Leopard ( o Tiger) rEFIt, che sarà il vostro primo bootloader. Grub, il cui scopo è di caricare il Kernel (quindi senza si va poco lontano!), va installato sulla stessa partizione dove avrete messo la vostra root (/dev/sda4 nel mio caso ma dipende da come avrete partizionato il vostro disco). All’avvio rEFIt vi farà scegliereda quale partizione avviare; una volta scelta quella di Linux, avremo il nostro Grub.

2.I driver Madwifi, che fanno funzionare la nostra scheda wireless Airport Extreme (che come ci dice il comando

lspci
Network controller: Atheros Communications Inc. AR5418 802.11abgn Wireless PCI Express Adapter (rev 01)

altro non è che una card basata su chipset Atheros) vanno compilati e caricati nel Kernel. Fin qui tutto ok, senonché il recente aggiornamento al kernel 2.6.24-17 ci fa a pugni. Il risultato è che la nostra wireless cessa di funzionare ( e a nulla vale ricompilare i driver). Per risolvere ci sono due vie: possiamo editare il file menu.lst di Grub (che è quello che, tra le altre cose, passa le opzioni al bootloader su quale kernel caricare di default) in modo che sia caricato di il 2.6.24-16 ( ricordatevi che Grub comincia a contare da ZERO). Oppure possiamo impedire che il kernel sia aggiornato ( e con esso i corrispondenti Linux headers). La seconda procedura la trovate in questo altro mio post.





Network Manager,wicd e associazioni a wlan da terminale

25 11 2007

wifi.pngGiusto l’altro giorno mi è stato segnalato un nuovo Netwotk Manager per Gnome, Wicd. Esso pare risolvere i problemi del Network manager di default, a volte in difficoltà con la gestione di IP fissi e WPA. Inoltre Wicd ha un interfaccia veramente completa, per avere pieno accesso e configurazione alle nostre reti preferite.

Per installarlo basta aggiungere ai repositories

deb http://wicd.longren.org gutsy all

e installarlo da synaptic o apt-get. Una volta installato lanciate il comando

# /opt/wicd/tray.py

da terminale per visualizzare l’applet sulla barra e inserite la stessa stringa in System>Preferences>Session per avviare wicd in automatico ad ogni login di Gnome.
Il fatto è che wicd all’installazione rimuove il precedente network manager, con il quale entra in conflitto. E durante il processo di installazione cade la connessione. Come ristabilirla con strumenti non grafici? La cosa può tornare utile in più occasioni…
Aprite un terminale e diventate root ( a proposito, io odio sudo, perciò in Ubuntu sono solito fare sudo su, metto la password una volta e non ci penso più!). Poi,

ifconfig nomescheda down
iwconfig nomescheda mode managed
iwconfig nomescheda essid nomessid channel numerocanale key chiavedirete

ifconfig nomescheda up
dhclient nomescheda

Ovviamente sostuite i caratteri in corsivo con i nomi veri!! Per avere sott’occhio il nome della scheda, dell’ESSID e del canale, date prima un bel

iwlist scan

Se non usate il dhcp ma avete un IP fisso, allora al posto degli ultimi due passi fate

ifconfig nomescheda ip.ip.ip.ip up
route add default gw indirizzo del gateway

In tutto questo si suppone che la vostra wireless abbia una cifratura wep. Perché in caso di wpa il discorso cambia. Il supporto a wpa in Linux era molto ostico e proprio per questo si consiglia di installare wicd. In effetti, quest’ultimo funziona proprio bene, gestisce tutto il possibile, inclusa la connessione agli essid nascosti.
Se invece avevate già settato una password WPA probabilmente avrete già confidenza con wpa_supplicant e i chipset atheros. Di seguito, un paio di brillanti guide sull’argomento:

Wpa e atheros

BCM4306 e Fedora





Diventiamo amministratori con Webmin

19 11 2007

C’è questa voce in giro secondo la quale i sistemi Linux sono difficili da usare, contorti, obbligati all’uso del terminale. In realtà l’uso della riga di comando è una comodità in più, non un limite, ma è anche vero che l’utente deve poter essere pronto ad accogliere e sfruttare questa possibilità. Per questo, fino a qualche tempo, fa giudicavo immaturi per una diffusione globale i sistemi Linux: fin dal primo avvio eri obbligato ad editare qualcosa, qualche file di configurazione o a fare qualche installazione da sorgente. Direi che l’ultima Ubuntu ha fatto un passo enorme in questa direzione. Chiunque può cominciare ad usarla da subito senza alcuna difficoltà.

Ma allora dovremmo rinunciare ad amministrare in profondità la nostra linux-box, solo perché facciamo resistenza alla linea di comando? La risposta è no. Per fortuna quelli di Webmin ci danno una mano. Webmin è un potente strumento di amministrazione (nient’affatto nuovo, tra l’altro) semplicemente controllabile tramite interfaccia web. Lo scaricate qui, scegliendo il pacchetto per fa voi (deb per Ubuntu). Sul sito sono riportate le poche istruzioni necessarie all’installazione. Se usate Ubuntu farà tutto lui tramite il suo installatore grafico gdebi. Una volta terminata l’installazione sul vostro browser digitate

https://localhost:10000/

e verrete reindirizzati al login di webmin.screenshot-webmin_login.png

Inserite root come utente e la vostra password di root. In Ubuntu invece ( poiché usa sudo ), semplicemente il vostro utente e password abituali.

A questo punto siete dentro e potete fare ciò che volete.
Mettiamo il caso che vogliate avviare un server Samba per condividere i vostri files multimediali con il Mediacenter in salotto. Andate nella sezione dedicata a Samba e fate tutte le configurazioni del caso, con facilità e senza digitare una riga ( ovviamente le stesse configurazioni potreste farle da remoto; qui c’è la guida su come raggiungere il vostro computer se questo è dietro un firewall).

screenshot-webmin-samba.png

Un ultima cosa: ovviamente il modulo da amministrare deve essere installato. Se non avete installato il pacchetto Samba, per esempio, da Synaptic, webmin vi darà un messaggio d’errore.